Spalla congelata o Cervello Congelato? - Luca Pella

Spalla congelata o Cervello Congelato?

Frozen Shoulder, quante sono davvero così rigide?

Quando si parla di Spalla Congelata ci si può imbattere in diversi casi difficili da valutare e da trattare. Dal punto di vista clinico la situazione viene inquadrata come un problema infiammatorio dei tessuti capsulari intorno alla articolazione della spalla, i quali si irrigidiscono e diventano difficili da allungare impedendo in questo modo la mobilità dell’articolazione coinvolta.

Tre Fasi

Nella spalla congelata (a volte chiamata anche Capsule adesiva) si possono distinguere 3 fasi principali:

  • Prima fase: infiammatoria. Caratterizzata da dolore. Il movimento è ancora completo e risulta doloroso a fine corsa. Il dolore si irradia lungo l’arto e arriva oltre il gomito. Tutti i test tendinei saranno positivi. Può durare da 2 a 9 mesi secondo la letteratura odierna.
  • Seconda fase: in questa fase il dolore è ancora presente e si associa a una diminuzione dell’arco di movimento. Può durare dai 3 ai 12 mesi.
  • Terza fase: il dolore diminuisce in modo importante, ma la spalla resta rigida e con Range di Movimento ridotto.

Infiammazione

Ci sono delle similitudini con l’algodistrofia la quale si caratterizza allo stesso modo da tre fasi simili:

  • Prima fase: infiammatoria. Caratterizzata da una forte alterazione vascolare con conseguente gonfiore (nella spalla avviene la stessa cosa ma a causa dell’anatomia, non si vede dall’esterno a meno che non sia veramente esagerato)e dolore a volte decisamente non proporzionato allo stimolo (Allodìnia)
  • Seconda fase: 3-6 mesi dopo il trauma si presenta con rigidità articolare data anche dall’inizio della detrazione tendinea, Ipotrofia, cute fredda e lucida
  • Terza fase o end-stage: abbiamo una atrofia della pelle e della fascia superficiale, contratture e detrazioni capsulari importanti, dolore modesto o assente

Cosa hanno in comune ?

In entrambi i casi parliamo di una patologia infiammatoria che colpisce i tessuti profondi a seguito di un trauma/intervento chirurgico, oppure in seguito a eventi emotivamente traumatici.

Nella spalla congelata ci sono stati diversi studi che hanno messo in dubbio l’origine capsulare della rigidità, evidenziando però un possibile ruolo maggiore del Sistema Nervoso Centrale (SNC)

Cosa dicono gli studi scientifici?

Molti studi come questo di Hollman L et al. del 2018 (Hollmann L et al. (2018) Does muscle guarding play a role in range of motion loss in patients with frozen shoulder? Musculoskelet Sci Pract) mettono in evidenza come ci possono essere dei fattori puramente muscolari che fanno da “guardia” a una articolazione che il nostro cervello interpreta come “In Pericolo”. Infatti capita che in pazienti con una spalla congelata, sottoposti ad Anestesia Generale, i medici riescano a raggiungere il fine corsa del movimento senza più riscontrare nessun tipo di rigidità ad ostacolarli. Ovviamente questo non è la regola e spesso si possono incontrare vere rigidità capsulari, ma questi studi ci portano ad avere alcuni dubbi che non tutti i pazienti abbiano tale patologia, ma una condizione che potrebbe mimarla.

Cervello congelato??

Quanto, nei pazienti che trattiamo, la componente di protezione, ipervigilanza, apprensione e paura del dolore modulano una risposta alterata del SNC giocando un ruolo fondamentale nel mantenimento della patologia stessa?

In pratica stiamo trattando una spalla congelata oppure un SNC che non lascia andare la sua guardia?


Quanti pazienti a cui viene diagnosticata una frozen shoulder hanno poi una vera e propria frozen e quanti no?

Speculando sull’argomento, è plausibile che spesso un’alterata elaborazione del SNC unito alle componenti psicologiche menzionate possano influire in modo molto più impattante di quanto ci possiamo immaginare, anche in condizioni che potremmo ritenere più legate ad una problematica strutturale, come in questo caso.

In tutto ciò l’esercizio attivo può essere uno strumento molto efficace anche in questa popolazione di pazienti, magari facendo compiere il movimento decontestualizzandolo, modificando la posizione del paziente (stazione eretta, supino, prono,..), o facilitandolo.

Neuroreset e Manipolazione Fasciale

La combinazione di queste due metodiche può essere molto di aiuto per questi pazienti i quali possono giovare del lavoro fasciale che può migliorare la tensione muscolare e permettere un miglior movimento, in seguito possono lavorare con Esercizi Attivi che permettono di resettare il Sistema Nervoso Centrale in modo da fargli abbassare le difese progressivamente e con funzionalità senza forzare l’articolazione che se viene reputata “IN PERICOLO” difficilmente potrà essere mossa senza scatenare il dolore.

quali tecniche potrebbero essere indicate in questo caso?

Quanto sei stressato?